Il borgo di Ponte Organasco, sito nel comune di Cerignale in provincia di Piacenza, al crocevia per Genova, Bobbio e Pavia, pur essendo di modeste dimensioni ha un notevole interesse storico, in quanto in Alta Val Trebbia rappresenta l’unico esempio di abitato con tipologia di “case a torre”. Dalla metà del XII secolo appartenne ai Malaspina, poi ai Doria, nel XVII secolo ai Castelli, nel XVIII secolo ai Palazzi e agli Ansaldi. L’abitato di Ponte Organasco prese questo nome per la sua vicinanza con l’omonimo ponte e trova assonanza con quello che un tempo veniva dato alla valle del torrente Bobbio: Valle Organa, in seguito tramutato in Valgrana. La prima impressione che si ha arrivando a Ponte Organasco è quella di entrare in una specie di borgo fortificato, infatti ci troviamo d’innanzi ad una sorta di guarnigione militare, dove le case perimetrali del paese erano torri di avvistamento e di segnalazione per altre vedette poste nella vallata che si scorge davanti al paese. Gli edifici verso la vallata hanno tutti le stesse caratteristiche, come le porte di accesso (oggi per la maggior parte murate), poste al primo piano, quindi raggiungibili solamente con scale di legno a pioli. Non vi è collegamento interno tra il piano terra delle torri, usato come ripostiglio o cantina (che è coperto da un’unica volta a botte), e il piano superiore, veniva così garantito l’isolamento e l’accesso obbligato dalla porta posta in alto. È presente anche un castello risalente all’XI secolo, che venne ampliato nel XIV sotto la Repubblica di Genova e diventò un palazzo gentilizio fortificato, munito di un camminamento di ronda; vi soggiornò in diverse occasioni il vescovo di Bobbio sant’Antonio Maria Gianelli. Una costruzione annessa fu trasformata nel 1622, come documentato da una bolla papale, nell’attuale oratorio di San Carlo. Ponte Organasco cessa la sua attività militare nel 1815, quando il Congresso di Vienna decreta l’abolizione dei feudi imperiali, e questi territori vengono ceduti al Regno di Sardegna. Il borgo si è conservato fino ai nostri giorni, in quanto si è prestato a modifiche e riusi, adattandosi via via a nuovi modi di vita, diventando un borgo contadino, un po’ particolare rispetto ad altri che possiamo trovare nella zona, caratterizzati da un tipo di dimora povera, ben diversa dalla tipologia a torre, che rappresenta uno stato sociale arrivato fino a noi attraverso un faticoso equilibrio fra istanze conservatrici e innovative.
Michele Bianchini
(Articolo tratto dal N° 15 del 18/04/2018 del settimanale “La Trebbia”)
(Fotografia di Renzo Oroboncoidi)
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