Don Enzo Manici, 80 anni, sacerdote dal 1964, è parroco di Pej dall’ottobre del 1966: 50 anni di servizio apostolico nella Val Boreca dove si contano ormai più lupi, che uomini. La montagna, per lui, che fa il sacerdote («Sono prete di montagna, in un luogo dove l’inverno dura otto mesi», precisa subito) da cinquantadue anni, è stata una scelta. Una vocazione, invece, quella di voler aiutare ogni giorno gli altri, da Zerba al Brasile. «Sulla nostra montagna, sentiamo ancora la bella gioia di vivere, la commozione di provare ad essere buoni. Tutto questo perché siamo più vicini al cielo, forse. Qui è un Paradiso, ovviamente terrestre», dice, chiacchierando, don Enzo, che ha voluto dare vita a una comunità per i bimbi di Bahia, in Brasile, con un gruppo di sette attivissimi volontari.
Pej, Bogli, Zerba, Cerreto, ma anche Vesimo, Artana, Belnome, Tartago sono solo alcuni dei luoghi che don Enzo raggiunge, per la Messa, per il conforto di una parola. Luoghi che, a chi non conosce la Val Boreca, suoneranno come vuoti, e che invece sono pieni di senso, a mille e più metri, dimenticati da tutti, non certo da Dio. «La mia vita sacerdotale è iniziata a Bobbio, ma ho anche insegnato a Milano, a Novi Ligure, senza mai voler perdere un secondo della vita delle parrocchie di montagna. I miei studenti mi vengono a trovare ancora oggi. Mi sento realizzato, a ottanta anni. Sono stato fortunato, basta guardare il panorama. Un incanto. Ma il panorama non basta. Il valore aggiunto sono le persone, quelle che con pazienza, tenacia, coraggio e senso del sacrificio scelgono di non abbandonare i paesi».
Il quotidiano di Piacenza ha voluto dedicargli una pagina intera da cui prendiamo questo bel profilo dedicatogli dalla giornalista Elisa Malacalza.
Da cinquantadue anni sacerdote; e da cinquanta orgogliosamente in alta Val Boreca. I parrocchiani hanno voluto dire “Grazie” a don Enzo Manici. Sono tanti i loro ricordi, inviati a sorpresa a Libertà: «Quando è arrivato a Pej in una giornata di pioggia allucinante dicono che si sia spaventato per il fiume d’acqua che scorreva in mezzo al paese e abbia dormito varie notti su un materasso coprendosi con l’ombrello per le perdite che scendevano dal tetto». ricorda con affetto Ornella.
«A Pej, non succedevano cose interessanti per una bambina. Ma un giorno sentii i grandi che parlavano di un nuovo parroco… un avvenimento eccezionale per il paese. Era il 1966 e a ottobre arrivò don Enzo. Giovane, prestante. con un sorriso aperto, un fare cordiale. Ci ha insegnato a cantare, anche in latino. Con lui giocavamo a calcio. Potevamo guardare la tv, nessuno l’aveva in casa. Lo abbiamo visto celebrare messa sui monti, spalare la neve, tagliare l’erba. Lo abbiamo sentito ridere, cantare, pregare. Don Enzo è il nostro prete. Non ci ha mai lasciati soli, non si è mai dimenticato di un malato, ha pregato con noi e per noi».
Dalla Val Boreca al Brasile, quelle di don Enzo sono state le “Olimpiadi della carità”, così le definiscono Lucia e Ornella. «Oggi, a ottanta anni suonati, lo si vede ancora partire con l’auto per portare la Messa in più di dieci chiese nei villaggi della valle e dei dintorni, instancabilmente. Ma vola anche oltre Oceano, a portare carità e amore nelle favelas dello stato di Bahia-Brasile. Con l’associazione “Agape”, infatti, fondata a Pej, con altri collaboratori, è impegnato nella costruzione di una casa di accoglienza a Buerarema ormai ultimata per i tre quarti. La sua voce e il suo impegno arrivano dappertutto».
(Articolo tratto dal N° 32 del 06/10/2016 del settimanale “La Trebbia”)
(Nella fotografia Don Enzo Manici con i bambini di Bahia dove l’Associazione AGAPE ha realizzato una casa di accoglienza)
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