La Chiesa cimiteriale di S. Stefano in Fontanarossa, Comune di Gorreto, risalta per evidente antichità ed arte. Un edificio di pregio, in stile romanico rustico, o addirittura anteriore, storicamente rilevante, ascrivibile ai secoli X/XI. La Parrocchia di Fontanarossa appartenne alla Diocesi di Tortona sino al 1954, anno del suo passaggio a Bobbio. Sappiamo che dipendeva dalla Pieve di Rovegno , Pieve ab immemorabili, con Ottone, Pievetta di Santo Stefano e Alpepiana, relativamente all’Alta Val Trebbia ed Aveto, territori tortonesi. Notizie storiche, circa Fontanarossa, si dilungano sulla nuova Chiesa, sorta al centro del paese, dedicata alla Madonna Addolorata. Poco o nulla dicono di rilevante sul passato della vecchia Chiesa di Santo Stefano.
Nell’alto medioevo era universalmente diffuso il sistema curtense, laico o ecclesiastico, in fatto amministrativo. Detto sistema prevedeva vasti territori aventi autonomie gestionali molto ampie. Numerosi paesi (domuscoltiles), assimilabili alle attuali frazioni di un Comune, concentrici al capoluogo (Curtis o Corte), sede sovrintendente al tutto, sulla base di investitura ad opera di autorità esterna gerarchicamente competente. In parallelo, l’organizzazione religiosa alla Corte faceva corrispondere la Pieve; alle domuscoltiles le Cappellanie, Prevosture, Rettorati, Curazie… tutte Entità in vario modo subordinate alla Pieve e, per questo, chiamate suffraganee.
Nel basso medioevo, primi secoli, le Pievi e le suddette suffragane furono lentamente sostituite dalle Parrocchie: a tutte fu estesa la potestà di battezzare e seppellire i defunti. Funzioni in passato riservate alle Pievi, salvo deroghe per le sepolture. Le antiche Pievi, divenute Parrocchie mantenevano una supremazia di diritto, ad honorem, ed erano, in genere, Arcipretura (da cui Arciprete): sede di sovrintendenza e coordinamento; di congrega, ritiri del clero, atti preparatori ai Sinodi Diocesani, ecc.
La nostra Chiesa di Santo Stefano non può dirsi Pieve, ma di certo Chiesa molto antica, forse addirittura la primitiva parrocchiale di Fontanarossa. Come tante altre in Italia, parrocchiali o semplici Chiese rurali, elevate al centro di cimiteri (o meglio: con un’area cimiteriale che finiva per avvolgerle), erano col tempo, declassate in semplici Chiese Cimiteriali, conservando l’appellativo originario (Chiesa di S. Bartolomeo al cimitero di Ottone; per analogia: Chiesa di S. Stefano al cimitero di Fontanarossa). La Chiesa principale, sede di parrocchia, era costruita, ex novo, in paese ed anche diversamente titolata, come potrebbe essere accaduto a Fontanarossa. Tradizione popolare, diffusa e condivisa, collega la Chiesa di Santo Stefano a non meglio definiti “Saraceni”. E’ storicamente provato che pirati ed avventurieri compirono scorribande nell’entroterra ligure, alla ricerca di schiavi e bottino. Occuparono particelle di riviera ligure e francese, approfittando della debolezza dell’impero romano prima, di quello carolingio, in disfacimento, dopo. Imprese collocate nell’alto medioevo, secoli VII/X. All’interno della Liguria e del Basso Piemonte Cuneo era stabile possesso saraceno. Da là si irradiavano in tutte le direzioni tra Pianura padana e mar Ligure, a cavallo dell’Appennino. Qualora ci fosse un fondo di verità nella tradizione, la cronologia di Fontanarossa, in quanto Chiesa di Santo Stefano, potrebbe retrodatarsi parecchio. Comunque, lo scrivente proviene da Croce di Ottone, per via materna. Frequentando i pochi abitanti del microscopico borgo, a picco sulla Trebbia, oltre mezzo secolo fa, ascoltava racconti favolosi di “Saraceni” in combattimenti nei dintorni del Castello. Sembrerebbe che addirittura, lo avessero tenuto saldamente, utilizzandolo come base e riferimento. Pirati e banditi saraceni erano, dunque, presenze inquietanti nella nostra valle? E’ molto probabile.
Fontanarossa aveva avuto molta importanza nel sistema viario dell’Appennino medievale e moderno. Una mulattiera attraversava il borgo: movimenti e traffici; pellegrini, mercanti, milizie ed altro… tra Pavese, Alessandrino e Levante Ligure ivi facevano capo, ricevendo accoglienza e sostegno.
Località nota per laboriosità e religione dei suoi abitanti, risalta in posizione ampio spaziante sulla valle. Un borgo geograficamente felice posto al centro di vasto territorio, con spontanea predisposizione all’agricoltura, all’allevamento del bestiame, allo sviluppo dei boschi. Castagneti molto redditizi ovunque; pascoli, prati, coltivi, pianeggianti e generosi; abbondanza di acque morbide, limpide; fontane di puro, lucente cristallo. Paesaggio poetico. Incanto.
Un atto datato 1197, 28 giugno, cita tali “ Musus, Ferarius, Joannes, Guielmus, Ogerio de Fontanarubea (Fontanarusea)” testimoni alla pace tra pavesi e Marchesi Malaspina (Cfr. Cartharium Dertonense… pag. 61 e segg.). In quel prezioso documento si riferisce di numerosi sudditi, provenienti da varie località della val Trebbia e Val d’Aveto. Fontanarossa è rappresentata da folto gruppo di delegati: ben 4 soggetti. Numero superiore a quello di molti altri paesi intervenuti.
Da quanto sopra in evidenza se ne può dedurre l’importanza e la straordinarietà di Fontanarossa, anche dal punto di vista demografico. Un paese tanto suggestivo, intraprendente, popoloso… non può non aver disposto di una o più Chiese significative.
La parrocchiale dedicata alla Madonna Addolorata, all’interno del paese attuale, sorse più tardi, ex novo o in sostituzione di altra, diruta o demolita, ma posteriore (forse), alla Chiesa di Santo Stefano. Il culto della Madonna Addolorata, comincia a partire dall’ XI secolo, ma la sua diffusione si sviluppa ovunque in Europa dal XIII/XIV, sull’onda emotiva e liturgica dello Stabat Mater di Iacopone da Todi e di sensibilità spirituali, tipiche dei nuovi Ordini Mendicanti.
Recenti lavori di manutenzione straordinaria di consolidamento e restauro alla chiesa di Santo Stefano, sono stati eseguiti dall’Impresa Carenini Marco di Loco di Rovegno, sotto la direzione dell’Architetto Caterina Gardella, Soprintendenza di Genova. Responsabile del procedimento il geometra Razzetti Claudio, tecnico incaricato dal Comune di Gorreto. A finanziare il restauro hanno partecipato, a varie riprese, la Fondazione Carige; la Soprintendenza con fondi di all’8xmille; la Regione Liguria con somme di cui ai fondi Pi.Co. Tale circostanza, rimuovendo pellicole di intonaco più superficiale, ha consentito l’affiorare, sebbene molto sbiadita, dell’immagine della B.V. e del suo Bambino. Difficile, al momento, datare il disegno, oggetto di riflessione e studio. Il viso di Gesù Bambino appare molto espressivo, tra evidenti stupori di infantile umanità e riverberi di divina trascendenza. Come si intravede dalla fotografia, la Madonna e il Bambino presentano corone di grandi dimensioni che fanno pensare a riferimenti stilistici bizantini.
A memoria d’uomo non se ricorda l’esistenza di affreschi, ma era consuetudine igienica nei secoli passati apporre nuovo strato di calce su precedenti: si disinfettava, purtroppo seppellendoli, possibili pericoli di contagio. Alcuni dipinti furono inghiottiti dalle tenebre e destinati a perenne oblio. Altri (pochi),riaffiorando in occasione di restauri e manutenzioni, vengono via via restituiti al culto e alla fruizione artistica, anche parzialmente, come a Fontanarossa. In media le popolazioni dell’alta val Trebbia/Aveto sono state coinvolte in terribili epidemie ogni secolo circa, secondo l’attestato dei registri parrocchiali. La popolazione era decimata; addirittura più parrocchie potevano essere associate (temporaneamente), per penuria di sacerdoti e difetto di popolazione. Il Bollettino parrocchiale Fontanarossa (n. 2 – 1970), diretto dal compianto parroco don Guido Ghirardelli (1921/98), riporta memoria dettagliata di pestilenza, fatti ed effetti, a firma di don Silvio Moscone (Sacerdote nativo di Fontanarossa, parroco a Mairano di Casteggio – 1903/1986).
L’immagine che appare miracolosamente dall’affresco di Santo Stefano, particella di un’opera pittorica andata perduta, non può rappresentare la Patrona di Fontanarossa. L’iconografia tipica della Madonna Addolorata, sempre La colloca ai piedi della Croce, nel pianto e nel dolore, al cospetto del Figlio crocifisso.
Nella reliquia iconografica giunta fino a noi la Madonna trattiene, invece, sulle ginocchia il suo Bambino, visualizzazione delle antiche scritture: “in gremio Matris sedet sapientia Patris” (Sulle ginocchia della Madre siede la sapienza del Padre). Si intravede, inoltre, un’aureola intorno a frammento di capo: un Santo in contemplazione della Vergine in gloria (Santo Stefano?). Compare anche particella di cartiglio con didascalia, purtroppo (per ora), illeggibile. Sarebbe importantissimo cogliere almeno qualcosa di compiuto: una sola parola può contribuire, per induzione, a ricomporre il tutto. Le modalità di approccio al sacro, tipiche dei secoli, attraverso richiami dottrinali, da parte di Istituzioni, fedeli e luoghi, talvolta, rendono possibile la percezione delle stesse epoche di realizzazione.
Il recupero dell’immagine della Madonna e del suo Bambino è un dono straordinario alla popolazione di Fontanarossa: una rappresentazione antica (antichissima?), della Beata Vergine torna visibile! La “gomma” terribile dell’oblio ha “cancellato” gran parte dell’affresco, ma non ha osato coinvolgere l’immagine della Madonna e del suo Bambino!
E’ lecito pensare che gli antenati si siano inginocchiati spesso al suo cospetto, talvolta, supplici, nella disperazione e nel pianto, ma fiduciosi; ovvero riconoscenti e lieti dei benefici auspicati ed ottenuti. Sentimenti tanto profondi ed intimi, oltre ad essere stati presi in considerazione dal Cielo, di certo sono stati assorbiti dalla calce a supporto dell’immagine. Forse ponendoci in silenzioso ascolto, potremmo coglierne echi lontani, espressi da quel muro che racconta; da pietre ed intonaco che parlano. Da oggi, anche una breve sosta dei discendenti, davanti all’affresco della Madonna di Santo Stefano… non potrà che esprimere rispetto per gli antenati, le loro vicissitudini, i loro sacrifici… Ed essere spunto prezioso a nostri pensieri profondi; supporto a considerazioni di storiche umanità e positive prospettive di vita.
Attilio Carboni
Si ringrazia il Sindaco di Gorreto, Sig. Sergio Capelli, per notizie, informazioni e supporto fotografico resi disponibili.
(Articolo tratto dal N° 21 del 16/06/2016 del settimanale “La Trebbia”) (Fotografie di Giacomo Turco e Sergio Capelli)
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