Il castello di Donetta

Relazione di scavo
Il castello di Donetta (GE) e le rotte terrestri del porto di Genova

Istituto per la Storia della Cultura Materiale (ISCUM)
IL CASTELLO DI DONETTA (GE) E LE ROTTE TERRESTRI DEL PORTO DI GENOVA
Il progetto di indagine del comprensorio dell’alta Val Trebbia e alta Valle Scrivia
Relazione di scavo
Il castello di Donetta (GE) e le rotte terrestri del porto di Genova

Gli studi storici tradizionali hanno evidenziato come la fortuna e l’importanza di Genova nel medioevo sia dovuta al suo molo di tramite e smistamento di merci, tecniche e saperi tra i paesi del Mediterraneo centro occidentale e l’area padana e mittel-europea.
Ma quello che la ricerca storica e le indagini condone in Liguria negli ultimi anni hanno sottolineato con forza è che in questo molo centrale Genova ha coinvolto tutto il territorio circostante, caratterizzandone profondamente la distribuzione dei centri abitati e la crescita demografica. Tutti gli approdi più meno rilevanti della costa sembrano coinvolti nel commercio su largo raggio e diventano punti di partenza per le merci che valicando i passi appenninici raggiungono i ricchi mercati padani ed europei. Appare chiaro così come la viabilità di raccordo tra la costa e la pianura transappenninica ed il controllo del territorio pertinente diventi un nodo fondamentale per assicurare la continuità di tali commerci.
L’impossibilità di tracciare e di mantenere in funzione strade di fondovalle (costruzioni di argini, ponti, terrapieni etc.) e l’asperità delle valli liguri hanno dirottato in età medievale tutti i traffici su strade che salivano lungo sentieri montuosi ed arrivati in quota seguivano le direttrici di crinale — le vere autostrade dell’epoca — fino al passaggio della dorsale appenninica e alla discesa verso la pianura, con l’ausilio dell’unico meno capace di sopportare un simile viaggio con un pesante carico di merce addosso, cioè il mulo. Mulattiere piccole e grandi salivano da diversi punti della costa andandosi ad intrecciare e dipanandosi a seconda delle destinazioni finali delle merci, creando punti di sosta, centri abitati, castelli e chiese, in sinitesi modellando la distribuzione demografica sul territorio.
In questo complesso intreccio di itinerari e collegamenti vitali per lo sviluppo della città di Genova e dei centri del medio levante ligure l’area corrispondente all’attuale comune di Torriglia appare come il fulcro su cui convergevano tutte le più importanti mulattiere provenienti dalla Val Fontanabuona, da Recco, da Rapallo e dal levante genovese per poi dirigersi o verso l’area del Monte Antola e da li discendere per le Valli Curone e Staffora verso i mercati padani di Tortona e Voghera oppure attraverso la Val Trebbia verso i centri di Bobbio e Piacenza. Non a caso per Torriglia dovevano passare due importanti itinerari medievali come il “Caminus Ianuae” e la “Via Patrania”.
La moderna industrializzazione e la rivoluzione nei meni di trasporto hanno provocato lo spopolamento delle zone montane del genovesato e la marginalizzazione degli abitati rispetto a quei traffici commerciali e civili che ne avevano in passato permesso lo sviluppo e la prosperità. Guardare alla storia medievale dei paesi dell’alta Val Trebbia senza comprenderne a fondo la loro valenza di cerniera tra l’area costiera ligure e le regioni padane, caposaldi di una vera e propria “autostrada” commerciale che metteva in comunicazione lontane regioni del Mediterraneo con le aree padane e dell’Europa del Nord significa non dare una giusta prospettiva di questi centri come parti significative ed integranti di un più ampio sistema di contatti e scambi che ha caratterizzato unitariamente l’Italia per la prima volta dopo la caduta dell’Impero Romano. In questo panorama complesso e vivo si inserisce la presente ricerca ed in particolare lo scavo del castello di Donetta, primo tassello del progetto di archeologia globale sull’alta Val Trebbia e Valle Scrivia e iniziale tentativo di recupero della memoria storica del territorio. Il castello di Donetta sorge su una collina posta a circa due chilometri a nord dall’attuale paese omonimo, in località significativamente nota come “Pian della Torre” o “Torriglia Vecchia”.
La collina è isolata su tre lati mentre ad ovest si raccorda al passaggio di una vecchia mulattiera attualmente in stato di degrado ed abbandono. L’obbiettivo principale della ricerca che l’Istituto per la Storia della Cultura Materiale (ISCUM) e l’amministrazione comunale di Torriglia si propongono èquello di indagare e valorizzare una delle più importanti strutture storiche dei proprio territorio evidenziando per una futura fruizione pubblica il monumento e la viabilità storica di collegamento con l’oltregiogo in cui l’insediamento fortificato di Donetta acquista un peculiare significato.
Questa attività si collega strettamente all’intervento di restauro e recupero del “castello nuovo” attualmente in corso di attuazione da parte delle Soprintendenze ai Beni Monumentali ed Architettonici ed Archeologica della Liguria, e inquadra la ricerca all’interno di un più articolato intervento di recupero e valorizzazione della memoria storica del territorio che l’amministrazione di Torriglia persegue ormai da diversi anni. Anche dal punto di vista di una corretta ricostruzione della storia medievale del territorio appare evidente l’importanza rivestita dal “castello vecchio” di Torriglia. Da un primo esame delle strutture rinvenute, dalla posizione fortemente strategica in cui il castello èubicato rispetto all’orografia della Val Trebbia, dalla vicinanza con il più grande e storicamente importantissimo “castello nuovo” di Torriglia, dalla relazione cronologica con quest’ultimo ipotizzata dal toponimo, appare evidente l’importanza della conoscenza di questo complesso per la comprensione delle dinamiche di controllo e sfruttamento sia della valle che di questa parte di entroterra genovese, per molto tempo terra di confine tra il comune di Genova e la signoria feudale dei Malaspina. In un panorama relativamente povero dì ricerche archeologiche per l’area in oggetto, appare evidente l’esigenza di acquisire nuovi dati scientifici che possano aiutare a delineare quelle linee di sviluppo del popolamento nella Val Trebbia in età medievale al momento ancora poco note.
Nei mesi di settembre-ottobre 2003 è stata così condotta la prima campagna di scavi archeologici sul castello.
Lo scavo ha riportato in luce parte dell’impianto fortificato che in età medievale sorgeva a controllo della viabilità di raccordo tra la costa del genovesato e la Pianura Padana, permettendo di acquisire in via preliminare numerosi dati sulle strutture ancora esistenti e sulla loro evoluzione nel corso del periodo di
frequentazione del sito. La spianata era in origine occupata da un edificio a pianta quadrangolare i cui muri perimetrali erano spessi m 1,75. Le murature di questa fase hanno pochissima malta come legante e sono quasi tutte conservate al primo filare. Al suo interno èstata individuata una muratura perpendicolare ai perimetrali che sembra partire la struttura in alcuni ambienti. In una seconda fase l’edifico viene parzialmente rasato ed ingrandito verso il limite sud della spianata con una porta d’ingresso rinvenuta sul lato est e davanti a cui è posta una struttura leggera in legno coperta con lastre di calcare. I muri di questa fase hanno dimensioni minori, oscillanti tra m 0,90 e 1.
Allo stesso tempo a partire dall’angolo sud-est della nuova struttura vengono costruite due murature in direzione est-ovest e nord-sud che servono allo stesso tempo a terrazzare la parte antistante l’ingresso alla fortificazione e come appoggio per una costruzione già nota dalla bibliografia ed interpretata correttamente come cisterna legata alle esigenze idriche del castello.
In una ultima fase di espansione dell’insediamento fortificato viene costruita una torre che sorgeva isolata su uno sperone roccioso ad ovest, separata dal resto delle strutture mediante un vallo artificiale. La fase finale della vita del castello sembra terminare in modo violento a causa dì un incendio. Terreno bruciato e strati di carboni sono stati individuati in entrambi gli approfondimenti stratigrafici. In questo incendio crolla anche la struttura leggera posta all’esterno della porta d’accesso alla fortificazione.

I reperti che pur in giacitura secondaria – sembrano essere verosimilmente riferibili a questa fase sono caratterizzati dalla presenza di boccali di maiolica arcaica pisana e punte di freccia che rimandano preliminarmente ad una datazione entro la seconda metà del XIII secolo.
I reperti ceramici rinvenuti sono essenzialmente costituiti da pochi frammenti ceramici rivestiti e acromi, mentre più numerosi sono i reperti metallici, rappresentati da numerosi chiodi da zoccolo, borchie e punte di freccia e balestra. Tutti i reperti sembrano riferirsi alla fase finale di frequentazione del sito.
Questi primi risultati desunti dallo scavo hanno fornito importanti intormazioni sul sito ma lasciano ancora diverse domande insolute, quali la completa estensione del castello e la cronologia delle diverse fasi individuate, il rapporto con il vicino castello di Torriglia e l’abbazia di Patrania (od. chiesa di S. Onorato di Torriglia) con cui nei documenti antichi sembra avere stretto legame, se i due castelli abbiano convissuto e in quali rapporti gerarchici, o se al contrario le due strutture testimonino uno spostamento della struttura signorile con conseguente distruzione del cosiddetto “castello vecchio” di Torriglia dovuto ad un differente modo di interazione della struttura signorile con il paesaggio in cui era inserito.
Per tali ragioni la prosecuzione dello scavo del castello di Donetta rappresenta un punto fondamentale per la conoscenza dell’evoluzione dei territorio in età medievale ed un indicatore indispensabile per la ricostruzione del processo di strutturazione del potere feudale nella Val Trebbia.

Dott. Marco BIAGINI (Responsabile scientifico della ricerca)
Istituto per lo Studio della Cultura Materiale

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