Il Dego si slancia verso il cielo con ondulato altopiano a 1.420 metri s.l.m. Il monte rappresenta l’ombelico della “penisola” compresa tra i fiumi Aveto e Trebbia. Una lunga e vasta striscia montuosa che si stacca dall’Appennino Ligure e si dirige verso la provincia di Piacenza. I due fiumi, suoi marcati confini, scendono per molti Km paralleli prima di congiungere le loro acque in località Confiente (Cortebrugnatella). Nell’interno della “penisola” si espandono vasti territori di diversi Comuni: Ottone, Cerignale, Rovegno, Rezzoaglio, Montebruno. Si elevano, a corollario e dorsale, le cime di Montarlone (1500 m), Oramara (1522 m), Tane (1198 m).
Le popolazioni delle due valli trovarono sul Dego, nel corso dei millenni, il luogo ideale d’incontri, confronti, scambi. Farmacie, dispense, pascoli. Riferimento, prospettiva, conforto. I Liguri costellarono il Dego di villaggi. Lo rivestirono di percorsi, sentieri, camminamenti, perché facile, passaggio tra Riviera di Levante e Pianura Padana. Indispensabile via ai loro Santuari dell’Alfeo, Penice, Penna.
Il Monastero pavese di S. Pietro in Ciel d’Oro esercitò per secoli potere feudale sul Dego e circondario, quali suoi segmenti territoriali da Pavia al Levante Ligure (dal secolo VIII al XII). Diversi xenodochi (Ospedali di primo soccorso e sostegno ai viandanti), furono eretti da quei monaci lungo il percorso. Sul monte Dego, ce n’era certamente uno, forse ad Orezzoli, accanto alla Chiesa, come attesta consolidata tradizione. Più tardi la zona fu dei Marchesi Malaspina (XII secolo) e attribuita alla Diocesi di Tortona fino al Congresso di Vienna, in quanto a giurisdizione ecclesiastica. Poi divenne parte della Diocesi di Bobbio (1818), quindi di Piacenza-Bobbio (1989).
Il Vescovo di Bobbio A.M. Gianelli (1789/1846), passò una prima volta sulla cima del Dego nel 1840, in occasione di visite pastorali nelle parrocchie sottostanti. Attratto dalla bellezza del luogo, volle subito elevarvi un tempietto di cui rimangono tracce. L’attuale Oratorio, bianca vela nell’azzurro e nel verde, è dedicato alla Madonna di Lourdes. Risale al 1921/22 ed è stato innalzato sul crinale tra le due valli, a protezione dell’una e dell’altra. La Madonna del Dego viene festeggiata l’ultima domenica d’agosto, con vasta affluenza di fedeli alla Messa solenne. Si pranza poi tra i faggi e sui prati, protetti da stuoie di rami intrecciati, intimità ed ombra alle gioiose riunioni di amicizie e parentele.
Il Dego e il suo altopiano, immensa superficie a prato e a bosco, sono meta anche di tanti piacentini, alla ricerca di funghi e suggestioni di natura incontaminata, cieli azzurri, fonti freschissime e pure. Un monte dove risuona (specie di basso continuo), il canto del Cuculo “ozioso”.
Il picchio lavora di trapano e gli scoiattoli salgono, scendono dagli alberi, corrono veloci in tutte le direzioni. Il fagiano integra i colori del prato e il falco volteggia nell’aria o ferma in cielo il suo volo. Eccolo, lassù, immobile; concentrato nel calcolo di una perfetta traiettoria sulla vittima di turno che non avrà scampo…
Attilio Carboni
(Articolo tratto dal N° 24 del 02/07/2015 del settimanale “La Trebbia”)
(Fotografia di Sara Balzarini)
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