Quando l’unico modo per collegare gli abitanti di Freddezza, Parcellara, Embrici, Concesio, Fosseri… con Cassolo e quindi Bobbio, era guadare il Trebbia, c’era la famiglia Anguissola a provvedere.
Un fischio, talvolta un tiro di schioppo, avvertiva della necessità, subito soddisfatta. I barcaioli abitavano appena sopra al guado, in località La Barca, il cui nome richiama appunto il servizio di traghetto tra le due sponde del flume, che la famiglia aveva in appalto dal Comune. Fin dai primi del ‘900. Lino Anguissola è l’ultimo barcaiolo del Trebbia.
A dispetto d’oggi, allora c’era tanta di quell’acqua in Trebbia, ricorda, che, soprattutto d’estate, per attraversarlo era indispensabile una barca. Fino alla sospensione del servizio nel 1960, era fornita dal Comune. Privatamente il servizio fu poi continuato, per una decina d`anni ancora, dalla famiglia Anguissola. La barca acquistata allora, la Santa Lucia, inizialmente dipinta in bianco, rosso e verde, e ancora lì, adagiata su un prato vicino alla casa, capovolta, a testimoniare un mondo talmente diverso dall’attuale da parere incredibile. E’ un oggetto carico di suggestione, per aver condiviso tantissime storie e fatiche con quanti ha trasportato. Solitamente gente di montagna che, a piedi, si recava ai mercati più vicini, Bobbio o Perino, a vendere i propri prodotti e approvvigionarsi di generi alimentari.
Cacciatori con i cani, che la domenica invadevano la montagna. Operai, soprattutto nel periodo del piano Fanfani, quando fu costruita la Strada che da Mezzano passa per Freddezza e la Costa.
I funerali erano un’impresa non da poco. La bara veniva trasportata a spalla fino al guado ed era la prima ad essere caricata sulla barca. Attraversato il fiume, il corteo riprendeva il cammino a piedi fino alla chiesa parrocchiale.
Ricorda Lino che nel periodo di Natale a far da protagonisti erano i tacchini. Quanti ne ha mai imbarcati sulla sua barca.
Qualche bagno fuori programma, in tanti anni d’attività, si è pure verificato, ricorda Lino. Incidenti per fortuna non mortali, come invece capitò nel guado di Perino quando, capovolto il barcone, annegarono due o tre persone.
Un giorno, vuoi per pura coincidenza, vuoi per un’occhiata dal cielo, giusto per assistere alla caduta in acqua della mamma dalla barca. Si getta a nuoto, riesce ad afferrarla prima che i vestiti si inzuppino e la tirino a fondo. La salva. Impresa non da poco nelle gelide acque di febbraio.
I ricordi più profondi di Lino sono legati alla guerra. Anche se aveva solo cinque anni quegli avvenimenti si sono inscritti indelebilmente nella sua memoria.
Tutti si fermavano a La Barca per rifocillarsi: partigiani, tedeschi, russi, mongoli. Ricorda la mattina in cui il padre, sceso al fiume, trovò la barca distrutta e affondata. Per non far passare i tedeschi c’era chi aveva trovato altri ingegnosi adattamenti, come ad esempio attraversare il fiume coi trampoli, fosse anche solo per andare a Messa. Dopo la fine del conflitto mondiale, per alcuni anni, in occasione di qualche piena, il Trebbia ancora trascinava con sé qualche cadavere di combattente.
In tempo di guerra la barca è stata un sostegno, ricorda Lino. Dava alla famiglia la possibilità di fare spesa al mercato nero a Piacenza.
Interessanti le tariffe per un guado. Era il grano a funzionare da moneta di scambio. La famiglia Anguissola aveva fissato un’unità, piuttosto personale: un “tollone” da riempire. All’occorrenza accettava anche melica o uova. l forestieri pagavano invece solitamente in lire.
Tutto è ora cambiato. Ci sono strade che permettono di raggiungere praticamente ogni località di montagna.
L’ampiezza del Trebbia sie talmente ridimensionata che, a guardarlo scorrere a pochi metri dalla Santa Lucia, intristisce la sproporzione rispetto all’ormai inutile funzione della storica barca. Il fiume, orgoglio e vita della Valle, esprime anche così la sua sofferenza per l’esiguità della sua attuale portata.
Luisa Follini
(Articolo tratto dal N° 34 del 23/10/2014 del settimanale “La Trebbia”)
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