Orsù, muse canore, così invocate sia per la natura del vostro canto, sia per essere voi della stirpe musicale dei Liguri, ponete mano con me alla favola… (Platone -Opere complete. Vol. 3, Ed. Laterza , p.224). Così si esprime Platone nel Fedro, uno dei dialoghi più famosi, riecheggiando l’inizio di un’ode di Alcmane.
Che le muse abbiano avuto la loro prima dimora in Liguria è stata una credenza diffusa pure nel mondo antico romano, come risulta, per esempio, nel primo verso della traduzione dell’Odissea di Livio Andronico dove Camena, la principale divinità dei Liguri, sta per “musa”, divinità protettrice di musici e dei poeti.
Un geografo tedesco, vissuto a cavallo dei secoli XVI e XVII, Philipp Clùver, italianizzato in Cluverio e latinizzato in Cluverius, nel libro “ITALIA ANTIQUA”( Leida, 1624) descrive in modo dettagliato la distribuzione delle popolazioni antiche in Italia e definisce Caseolati (da caseus, formaggio) gli abitanti alle pendici dell’Arx Infernalis (Maggiorasca) e del Penna. Sembra superfluo a questo punto ricordare che la lavorazione del formaggio è sempre stata una delle principali fonti di reddito degli Avetani. Il suddetto storico riconosce inoltre come maggiore centro dei Caseolati il borgo di Cameneli, identificato da Giulio Miscosi nel volume “GENOVA ANTICA E DINTORNI” (Genova, 1974, Mondani Editore) con Santo Stefano d’Aveto.
Il nome Cameneli (da non confondere con l’antica Cemenelum, oggi Cimiez, presso Nizza), unifica appunto” paese di Camena”, dove si venerava quindi la dea Camena. Se rileviamo un passo di ARCHIVUM BOBIENSE a cura di Michele Tosi (N. XVI-XVII, 1994-95), troviamo il “poderio Licamillinorum” (identificato con Castellà-Campomenoso dallo stesso studioso). Infatti il paese denominato Santo Stefano è sorto solo verso la fine del XII secolo o all’inizio del XIII, ma esistevano precedentemente, sempre a detta di Tosi, Roncolongo, Gropparo e Campomenoso, ovvero il “poderio” di Cameneli (Licamillinorum, vale a dire Licaminillorum con metatesili>ni).
Per l’uso frequente della metatesi nel Medioevo si veda il mio libro Gli Statuti Malaspiniani di Santo Stefano d’Aveto, 2009, p. 62, dove latronicio sta per latrocinio, partenitade per paternitade, ecc. Sembrerebbe che sussista, quindi, una sorta di legame tra quanto afferma il Clùver e il documento riportato in foto da Michele Tosi e da altri storici col titolo Investitura Conradi Malaspina Marchionis prò Gerardo et Bonifacio, Rainardo et Gerardo de Meleto, Piacenza 1251, si riporta anche, per la prima volta, il toponimo del paese (poderio Licamillinorum Sancti Stephani, ibid.pll7). Ciò farebbe pensare che la musica, prima fra le arti, possa avere avuto origine proprio nel paese di Camena, a Cameneli, vale da dire nella conca di Santo Stefano d’Aveto. L’insenatura montana presenta, infatti, una risonanza musicale tale da far pensare al teatro di Epidauro, cittadina dell’Argolide: il tintinnio d’una monetina gettata sul palcoscenico s’avverte anche dalla gradinata più esterna, tanto è perfetta l’acustica.
Chi attraversa il Prato di San Lorenzo (oggi purtroppo diventato un bosco sul monte in alto a sud-ovest di Santo Stefano avverte chiaramente il suono di una campanella o gli schiamazzi di un bambino nell’abitato.
Già i primitivi pastori che vissero ai piedi del Maggiorasca migliaia di anni fa, devono essersi resi conto ben presto di possedere quelle doti canore e musicali riecheggiate, come per incanto, nel teatro naturale, nel quale sorgeva la loro capanna (in latino casa, da cui il vocabolo caseus.).
Naturalmente sono pure ipotesi. Se le cose tuttavia stessero in questi termini, non resterebbe che riconoscere che il Coro Polifonico e il Corpo Bandistico di Santo Stefano non fanno altro che perpetuare nel tempo una tradizione nata, prima ancora che per volere degli uomini, per disposizione delle divinità.
Piero Campomenosi
(Articolo tratto dal N° 4 del 24/01/2013 del settimanale “La Trebbia”)
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