Fino al 1800
Il nome Rovegno compare abbastanza tardi. Nei manoscritti dell’archivio parrocchiale che risalgono al 1600 (perché i più antichi andarono distrutti per incendio) abbiamo le dizioni di Robenium e Rebenium che, per la terra rossa emergente in prossimità del paese per gli scavi dell’antichissima miniera di rame (epoca romana e saracena), potrebbero far pensare alla radice latina “Ruber = Rosso”. Altre dizioni sono “Rovegna, Rovinium, Ravinia”.
Il più antico documento che parla di Rovegno è stato rinvenuto e pubblicato dallo storiografo Muratori ed è un atto del Notaio Fiorentino che porta la data del 19 giugno 863. A titolo d’altissima antichità di Rovegno nell’archivio parrocchiale si conserva un’ascia, una. piccola scure di pietra dell’età neolitica. Fu trovata negli scavi della frazione Zerbo e passò all’archivio per una gelosa conservazione.
Mons. Cesare Bobbi in una sua pubblicazione su Rovegno dalla quale sono state attinte molte notizie documentate, affermano: “Qua e colà nel Rovegnese s’incontrano avanzi d’embrici e larghi tavolati di terracotta ad uso sepolcrale” che possono risalire al periodo romano. Una cartina d’Italia, ai tempi di Dante, porta a Rovegno come feudo amplissimo. Un altro in data 17 luglio 1197 attesta che Ugo e Mariano di Rovegno giurarono fedeltà ai Marchesi Malaspina d’Orezzoli, i nobili che Dante ha cantato “feceli eterni”. Questo feudo passò dai Malaspina ai Doria Pamphili, quindi ai Fieschi e ai Centurione.
Nell’archivio di Rapallo risulta che certo “Tortagna” di Rovegno fu nominato Notaio dell’Impero ai tempi di Federico Barbarossa.
La parrocchia fino al 1803 appartenne alla diocesi di Tortona, passò alla diocesi di Bobbio nel 1817. Come Pieve compare inconfutabilmente nel 1076 e alla sua dipendenza di Chiesa madre erano: Rondanina, Fascia, Casanova, Fontanigorda, Canale, Propata, Torriglia, Bavastri, Laccio, Montebruno, Fontanarossa, Gorreto, Alpe, Capanne, Rezzoaglio, Priosa, Alpicella, Alpepiana. Questo plebanato partiva dal territorio d’Ottone si estendeva e s’affacciava tra i due versanti del Trebbia e dell’Avete spingendosi oltre Torriglia fino all’Antola e scendendo fino a Scoffera e Casella.
Come Comune nasce molto tardi e precisamente ai tempi di Napoleone. Il Settecento è il secolo più denso d’avvenimenti politico-militari europei che ebbero delle ripercussioni, come pure le guerre con i francesi. Ma ciò che provocò un cambiamento più radicale fu la caduta del regime feudale nel 1797 e l’erezione di Rovegno a Comune.
In coincidenza la parrocchia diminuì la propria influenza e cominciò a decadere l’istituzione religiosa a favore di un potere civile, laico. Il dominio francese portò alla Repubblica Ligure e alla caduta del regime feudale, alla liquidazione d’usi civili, all’istituzione dello stato civile negli uffici del Comune, all’abbandono del cimitero parrocchiale.
Nel 1706 il principe Eugenio di Savoia che comandava l’esercito Imperiale, espugnò Tortona che per alcuni anni passerà sotto gli austriaci e durante la guerra della successione polacca, Carlo Emanuele III di Savoia riconquista Tortona che passò nel 1738 (Pace di Vienna) al Regno di Sardegna.
La pace d’Acquisgrana del 1748 mise fine ad una serie di guerre. Rovegno come altre comunità della Val Trebbia, dipendeva dal punto di vista religioso, da un vescovo piemontese, nel campo feudale dalla famiglia Doria-Landi.
La Pieve Rovegnese, retta da Antonio Garbanini fino al 1704, contava sui sacerdoti. I decreti personali delle visite pastorali, riportano notizie circa le decime, i conti dei massari lo stato delle chiese i di Rovegno, Garbarino, Pietranera, Isola, gli onorari dei preti per battesimi e matrimoni, le raccomandazioni, gli obblighi, le ] esortazioni.
Rovegno, secondo i calcoli desunti dai registri della parrocchia contava, intorno al 1780 circa 1500 abitanti, Le comunità più popolose erano quelle di Rovegno e Casanova.
Il mestiere più redditizio era quello dei mulattieri. A Rovegno centro, vi erano due calzolai, quattro mastri muratori, cinque-sei fabbri. Solo due sarti: G. Moglia di Spescia e Garbarini. La stragrande maggioranza erano contadini.
Le battaglie vittoriose di Napoleone sugli Austro-Piemontesi (Millesimo, Montenotte, Dego) portarono all’armistizio di Cherasco nell’aprile 1796 e in Val Trebbia si formò un partito democratico favorevole ai francesi, che cantava la Marsigliese e sfoggiava le coccarde tricolori. Il 17 gennaio del 1798 fu proclamata la Repubblica Democratica Ligure. Napoleone decretò per sempre la fine del regime feudale facendo la gioia dell’arciprete di Rovegno Giò Maria Coari.
Dal 1800
Nel giugno del 1805 la Liguria fu annessa all’Impero Francese e fece parte integrante del territorio soggetto alla legge del governo Napoleonico, che introdusse il franco (ancora oggi i Liguri usano spesso la parola Franco al posto di Lira quando parlano in dialetto) i pesi e le misure, le disposizioni della proprietà, del possesso, delle enfiteusi, del contratto, dell’istituto del divorzio, la vendita dei beni feudali, la liquidazione dei residui usi civili (pascolo legnativo ecc.) la soppressione dei conventi tra cui quello di Montebruno. Per le nuove leggi furono requisiti argenti e ori delle chiese, soppressi conventi e oratori.
La pieve Rovegnese dovette mandare al nuovo governo qualche libbra d’argento. La parrocchia perse l’importanza con l’istituzione dell’ufficio di stato civile presso la nuova Mairie, che rilasciava certificati di nascita, matrimonio, morte. L’Impero francese istituì i dipartimenti che si dividevano in arrondissements (circondari). Le Mairie (il comune) Rovegnese si trovava nel cantone d’Ottone. Le diocesi furono in parte soppresse o unite ad altre. La diocesi di Tortona e di Bobbio aggregate a Casale perciò Rovegno per quindici anni (1803-1817) fu nella diocesi di Casale affidata alle cure del vescovo francese Giovanin Billarret.
Molti vantaggi furono tolti al clero.
Il nuovo governo cercò di affidare l’istruzione ai laici ma poiché non esistevano maestri si dovette ritornare ai preti. Il comune (la Mairie) era retto da un sindaco, il primo eletto e dai consiglieri che appartenevano alte famiglie che pagavano più tasse. Non si sa dove avesse sede l’ufficio comunale dove, lavorava un solo impiegato Gaspare Carboni (per qualche tempo anche Sindaco) e un paio d’operai come Giò Batta Cappellini fu Giulio che era addetto al funzionamento dell’orologio pubblico. A partire dal 1760 e in particolare nel 1790 la popolazione aumentò fino a raggiungere nel 1810 circa 1800 abitanti. A Rovegno capoluogo con Zerbo, Conio, Valle, Poggio circa 400, Casanova 450, Loco 300, Garbarino 120.
Una frana lenta ma costante, mise in pericolo la staticità della chiesa nel 1809-1810. L’arciprete Ambrogio Alvigini si rivolse al vescovo di Casale, al sottoprefetto di Bobbio, al Capo cantonale d’Ottone ma nel maggio 1811 la chiesa fu chiusa al culto e alcune famiglie si trasferirono ad Isola e a Loco. Tra indagini, ispezioni, raccolte di fondi, passarono una decina d’anni prima d’incominciare la chiesa che ancora oggi si ammira. Caduto Napoleone dopo la disfatta di Lipsia (1813) le truppe inglesi prendevano possesso delle terre Liguri e quindi del Cantone d’Ottone. Nel gennaio 1815 il governatore del Bisogno diede l’ordine di dare l’annuncio nelle piazze e nelle chiese, che la Val Trebbia passava sotto casa Savoia con Vittorio Emanuele I già re di Sardegna. Rovegno dipendeva dal governatore del Bisogno, dall’intendente genovese di San Martino d’Albaro, dal capo anziano del comune d’Ottone. I primi atti della nuova amministrazione tendevano ad accertare la fedeltà al nuovo Sovrano. Perciò i consiglieri Gerolamo Carboni, il medico chirurgo Giò Gregorio Rettagliata, Giacomo Isola, Giuseppe Rettagliata, dovettero giurare fedeltà assoluta al nuovo monarca. L’ordine pubblico, le feste da ballo, dovevano essere vigilate, il rilascio di passaporti sottoposto a misure di controllo. Le tariffe dei commestibili riportate a quelle in vigore nel 1798. Il segretario comunale anticipò, per sanare i debiti, £ 14,8 per ristorare i militari che davano la caccia ai briganti: importo per 29 boccali di vino e formaggio.
L’amministrazione comunale, costituita da benestanti del paese, non seppe fronteggiare la grande carestia del 1816 e del 1817. E’ vero che aveva allora ben pochi poteri.
Con affanno riusciva a ritrovare il maestro per l’istruzione, dava pareri sull’aspetto sanitario solo in caso d’epidemia, assisteva i poveri con il medico condotto, pagava i cappellani di Casanova, Garbarono, Isola. Aiutava, ogni tanto, con piccoli sussidi, le vittime d’incendi o di grandinate. Rare volte provvedeva a costruire strade e ponti, per i magri bilanci.
Nel 1820 dietro le pressioni del dinamico arciprete rovegnese Giuseppe Carboni si deliberò la costruzione della nuova chiesa in località “Peretta e Nocetta” a circa un km dal vecchio e cadente tempio. Tutti gli abitanti della parrocchia di Rovegno avrebbero dato il loro contributo gratuitamente nel campo dei lavori, il materiale sarebbe stato procurato dai soli parrocchiani.
Nel 1821 un nuovo re, Carlo Felice, subentrò a Vittorio Emanuele. Da lui le popolazioni si aspettavano strade e ponti sul Trebbia, una sanità migliore, scuole miglior. Il monarca fece molto per Genova ma non fece nulla per la Val Trebbia. Il suo regno durò 10 anni fino al 1831. Gli successe Carlo Alberto. L’attuale chiesa, grandiosa nelle sue linee classiche, fu iniziata nel 1821, aperta al pubblico nel 1831, decorata di stucchi a cominciare dal 1848 e consacrata nel 1878.
(Questo documento è stato tratto da “La mia Rovegno – Cento anni di ‘Ricordi’” di Rita Pilucchi)
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