“La mia ultima proposta è questa
se volete trovarvi,
perdetevi nella foresta”.
La brevissima poesia si chiama, molto appropriatamente, “Per le spicce”, ed è un piccolo, delizioso e significativo scampolo della produzione letteraria di un illustre figlio adottivo della Valtrebbia (anche se nato a Livorno, nel 1922), Giorgio Caproni, di cui quest’anno ricorre il ventennale della morte.
Nella vallata da lui prediletta non mancano certo le “selve” dove perdersi e trovarsi, e dove Caproni poeta, maestro di scuola “atipico” e violinista provetto nonché elevatissimo intellettuale amico tra gli altri di Montale, Sbarbaro e, dopo, di Pier Paolo Pasolini indulgeva a pensare, scrivere, inspirare aria prolifica di liriche mutuata dall’osservazione attenta e disincantata della natura, nel suo lungo soggiorno a Loco di Rovegno, con puntate a Fontanigorda (borgo a cui dedica la splendida e ormai celeberrima “Ballo a Fontanigorda”).
Ora, nel ventennale della sua scomparsa, può essere piacevole, oltre a (rileggersi la sua opera omnia, tentare un pellegrinaggio sulle orme dei suoi percorsi quotidiani dal 1938, anno in cui il maestro si trasferì nella frazione di Loco di Rovegno, al dopoguerra dopo aver fatto, in ordine sparso, il maestro elementare, il partigiano (“ma senza sparare un colpo” diceva lui) e il commissario del comune e dopo aver sposato un’autoctona, Rosa Rettagliata, accanto alla quale riposa nel cimiterino stile Spoon River di Loco.
Si può partire con una gita verso la località di Zerbo, dove il poeta si recava in visita all’amico Virgilio Barbieri, per guardarlo all’opera nel piccolo orto che Caproni battezzò “della fratellanza e della felicità”, e dove spesso sedeva a creare le sue poesie (una per tutte: “Guardando un orto di Liguria”). Quindi, si può scegliere una breve escursione, andando da Loco di Sotto verso il bosco della legnaia a Costa Surra: qui la stradina semi abbandonata ha un fascino particolare. Scavata nelle rocce, solitaria e pochissimo frequentata, era la prima scelta del poeta quando voleva elaborare pensieri e parole in libertà ma in assoluta solitudine.
Altra strada sulle scia di Caproni può essere quella della passeggiata che porta da Loco di Sotto al parco delle Ghiaie, alla confluenza del Trebbia con il Pescia, un itinerario che il poeta compiva molto di frequente durante il suo soggiorno in vallata, per poi sedersi su una panchina, leggere il giornale e infittire il suo inseparabile block notes con gli appunti che poi trasferiva in versi al suo ritorno a casa, a Loco, a notte inoltrata, ore che prediligeva per dedicarsi alla scrittura.
Ma se è vero che . Rovegno era il luogo eletto di Giorgio Caproni, nel suo pellegrinaggio alla ricerca perenne di se stesso e dell’essenzialità della vita il poeta non ha trascurato altri borghi: a Fontanigorda si scovano le sue tracce nello splendido bosco delle Fate, a Gorreto si possono percorrere avanti e indietro i castagneti dove soleva passeggiare. Sotto uno di quei castagni, si dice, Caproni ha composto “Ricordo “, la poesia in memoria della moglie Rina.
Tutta una vallata, dunque, che gli ha ispirato uno stile poetico scarno ma ricco di complessi grovigli umani, essenziale ma esplicativo, magico ma reale, e ancora attuale anche nel fiacco e ipertecnologico albore del Terzo Millennio.
Una visita conclusiva, riservata sia ai laici sia ai credenti, nel cimiterino di Loco, davanti alla sua tomba. Un fiore è facoltativo, una sua poesia da rileggere in quella silenziosa atmosfera è caldamente consigliata.
Mara Queirolo
(Articolo tratto da Il Secolo XIX del 23/02/2010)
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