Nel corso del Convegno Ecologico di alcuni mesi fa presso la Fondazione di Piacenza e Vigevano è stato presentato, con la proiezione di fotografie, il quaderno “Le cascate in Valperino” ultima opera di Gian Franco Scognamiglio apprezzato scrittore e giornalista di Libertà. Relatori l’autore, il dott. Carlo Mistraletti e il geologo prof. Giuseppe Marchetti dell’Università di Pavia. Con illustrazioni di Emilio Marina, ottimo spericolato fotografo pronto a rischiare per carpire immagini in luoghi impervi, il libro è dedicato “agli abitanti e ai turisti affezionati al Parco Naturale dell’Appennino Piacentino”, ma dopo la visione e la lettura del libro il nostro Parco Naturale troverà certamente nuovi estimatori.
La prefazione ci tuffa subito a ritroso nel tempo dicendo di rocce ofiolitiche, consolidamento di magmi basaltici e peridotiti del periodo Giurassico, risalenti a 150 milioni di anni fa per passare ai laghetti postglaciali (i laghi Nero, Bino e Moo) formatisi 8-9 mila anni or sono.
Poche righe da brivido, perché ci affacciano su un baratro di tempo a distanze siderali. E emozionantissimo quindi ammirare le tracce che da simili lontananze rimangono oggi sotto i nostri occhi, i nostri piedi, le nostre mani. Dove cercare questi antichi tesori della natura lo dice questo piacevole testo, di facile consultazione e grande utilità, che ci porta alle dodici cascate del Perino. Libro alla mano si possono seguire i percorsi giusti per arrivare a visioni di sogno insospettabili per molti. Il nostro territorio infatti possiede bellezze naturali incredibili che non hanno nulla da invidiare ad altri paesaggi più famosi anzi, vi si trova forse più silenzio, più raccoglimento, più naturalità. Sui percorsi s’incontrano mulini, case in pietra, tracce di castelli, vecchi mestieri ancora praticati nelle feste d’estate.
Con l’intuizione e la sensibilità di chi questi luoghi conosce e ama davvero, Scognamiglio ci regala anche alcune notizie storiche e qualche caratteristica degli abitanti, perché solo conoscendo la gente del posto si può dire di conoscere davvero un luogo. Ecco allora foto di massaie che filano la lana, intrecciano gabbie, macinano il grano o di anziani fabbri, cestai, musicisti della tradizione. Testimonianze piccole ma preziose di vita semplice, serenità rara e di mestieri che stanno scomparendo. È con particolare sommessa delicatezza che Scognamiglio ci accompagna alle cascate, la stessa con cui ci parla della preziosa acqua del Trebbia che ora, proprio nell’anno dedicato all’acqua, è stata captata e imbottigliata sicché è possibile berla ovunque. Con la stessa sommessa delicatezza l’autore accenna alle lotte per impedire la deviazione del Cassingheno a favore di Genova. Brevi note, ma sufficienti a testimoniare quanta attenzione egli pone a tutto ciò che riguarda il nostro territorio come quando dall’opera di San Colombano estrapola e propone il modo esatto di coniugare allevamento e rispetto delle acque. Il santo infatti fece tenere gli allevamenti lontani dai corsi d’acqua. Con modestia e chiarezza Scognamiglio ripropone la sua idea di fare di Bobbio una sede che si spera venga raccolto come quello di un Parco Interregionale dell’Alto Appennino, un sogno che l’autore coltiva per proteggere i luoghi che ama.
Bruna Milani
(Articolo tratto dal N° 2 del 14/01/2010 del settimanale “La Trebbia”)
(Fotografia di Fabio Rotondale)
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