Gorreto. Parafrasando il titolo del bel film dei fratelli Cohen, si può dire che non è un paese per giovani, Gorreto, 123 abitanti per la stragrande maggioranza pensionati. Ma è proprio questa caratteristica che lo ha fatto finire protagonista dello “speciale” tv che Al Jazeera English ha girato ieri nel piccolo paese dell’Alta Val Trebbia e che andrà in onda tra una decina di giorni “all over the world”, in tutto il mondo, come spiegano i due operatori, very british, di Al Jazeera English e il giornalista che curerà il programma, il romano Alessandro Speciale. È partita da Genova, la troupe dell’emittente del Qatar, per raccontare la Liguria dei vecchi, seguita da Auser Liguria con l’intervista al professor Antonio Guerci, antropologo, la visita al Centro Sociale di Sestri Ponente, e la registrazione di una giornata-tipo Auser con interviste a volontari e anziani. Ieri, invece si è spostata a Gorreto, scelto come simbolo di paese per vecchi, costellato di serrande abbassate, servizi carenti, gioventù quasi del tutto evaporata. Un borgo che si può definire di nobiltà decaduta, proprio come il vecchio Castello dei Malaspina andato in pezzi, l’antica casa comunale (già casa del fascio nel ventennio) inutilizzata, e che in un unico, piccolo edificio racchiude i servizi essenziali: municipio, gabinetto medico del dottor Domenico Cella, medico itinerante, biblioteca, poste. I colleghi di Al Jazeera girano per il borgo, accompagnati da due guide, il sindaco Sergio Capelli, fresco di nomina, e il consigliere comunale Rolando Cortopassi, un fiero ‘tosco’ di Collodi ma a Gorreto da decenni. Ai due si aggiunge il parroco Don Domenico Barattini. È frustrante dire messa per pochi fedeli, don Domenico? «È triste vedere il paese che muore – ribatte il sacerdote – gli abitanti sono sempre meno e sempre più hanno i capelli bianchi. Una rinascita? La vedo difficile, ma provare si può. La prima cosa da fare sarebbe abbattere i campanilismi, che qui dividono paese e paese. Uniti, forse, qualcosa si può fare». Lo pensa anche Capelli, che per l’anno prossimo vuole organizzare un forum di sindaci per parlare dei problemi dei piccoli paesi. I british di Al Jazeera, ma anche il romano Speciale, girano affascinati tra il castello, la bella piazza, l’unico bar-ristorante-albergo (12 camere) di Roberto De Santis (argutamente chiamato Miramonti) che eroicamente tiene aperto anche in inverno. «Anche se in quella stagione qui ci sono davvero quattro gatti – sostiene- ma il nostro bar è l’unico punto di aggregazione». Il sindaco Capelli guida poi la troupe verso la novità dell’estate: una coppia di marito e moglie, lui genovese lei rumena, hanno aperto un piccolo negozio dove si vendono alimentari, frutta e verdura, giornali, tabacchi.
Qui una volta c’era una frequentatissima barberia. Lui si chiama Paolo Salomoni, 44 anni, lei Mikela Vitan, 36, e sembrano entusiasti della loro nuova vita: «Abbiamo scelto di lavorare e vivere qui – spiegano – perché qui la vita ha un altro sapore. E siamo certi che anche in inverno non avremo problemi». Ecco, vivere a lavorare qui: è questo, forse, l’unico modo per scegliere Gorreto, come spiega anche Fulvia Rivano 41 anni, seduta ai tavolini del Miramonti con la sua bambina, la piccolissima Deborah: «Qui vengo volentieri in estate e nei week end – dice – ma durante l’anno non potrei. Troppo lontano dal lavoro». Un altro giovane, miracolosamente, spunta fuori dal bar: è Marco Cecchini, in estate sta qui e cura la biblioteca e l’ufficio turistico del comune, e poi collabora con la riserva di pesca. Viene spesso anche d’inverno, e studia economia.
Vivrebbe qui? «Mah… se ci fosse un po’ più di vita». Pina Bonanno, 78 anni, mamma del coraggioso commerciante Giovanni Poggi, invece a vivere qui ci verrà presto, a seguito del figlio e della nuora. «È un paese bellissimo». Il sindaco-guida accompagna gli operatori di Al Jazeera alla riserva di pesca, vero fiore all’occhiello di Gorreto, «dove arrivano valanghe di pescasportivi, da tutto il Nord Italia», come assicura il simpatico guardiapesca Giovanni Poggi, 69 anni gagliardamente portati, che è un po’ “foresto”, visto che abita a Loco di Rovegno. E poi, malinconico tour dell’invisibile, ovvero di tutto quello che un tempo c’era e ora non c’è più: la piccola scuola, il negozio del calzolai dove “studiavano” i giovani artigiani, quello del fabbro (idem come sopra), la macelleria, il sarto, i bar e i ristoranti chiusi, le cantine, i ferramenta, il forno. Tutto cancellato, saracinesche abbassate e ormai arrugginite. Gli operatori riprendono, poi ripartono alla volta di Ottone. Pochi chilometri più in là, è già provincia di Piacenza, Ma, pare, anche lì hanno gli stessi problemi.
Mara Queirolo
(Articolo tratto da Il Secolo XIX del 17/07/2009)
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