Molti storici sostengono che i Liguri più antichi, provenienti dalle alture dell’Asia, più precisamente dalla zona della Mezzaluna Fertile e dal Caucaso, oltre ad aver “colonizzato” parte delle coste in Francia ed in Spagna, furono i primi ad abitare l’Italia.
Pensiero comune è che “Ligure” presso gli antichi significasse “montano” ovvero abitatore dei monti.
Nella valle dell’Aveto, sul crinale di destra, si trova il Monte Penna il cui nome proviene dal culto che i Liguri più antichi professavano per il loro dio; il dio Pen.
E’ importante notare che presso gli Illuati ed i Velleiati, abitanti della Val d’Aveto e della valle Sturla, il culto per il dio Pen non faceva riferimento a nessun tempio o altare, dal momento che la vetta stessa del Monte Penna rappresentava il dio e i sottostanti boschi fungevano da tempio.
I Liguri, sempre secondo alcuni storici, avevano una grande venerazione per i morti che venivano seppelliti e a volte bruciati.
Tito Livio definisce i Liguri come combattenti orgogliosi, estranei alla paura, ignoranti del fatto che si potesse temere la morte. A tale proposito, sembra il caso ricordare il discorso del Console Gneo Fabrizio che in senato, quando le guerre Ligustiche (iniziate nel 236 a.C.) furono concluse (157 a.C.) disse: “Io contro i Liguri ho guerreggiato cinque anni e giuro per gli Dei Immortali, che non passò settimana senza che avvenissero conflitti: però mai ravvisai nell’avversario timore o paura, essi trattano la guerra con tanta ferocia, che tolgono la speranza di poterli vincere, né furono da me superati con la forza dei Romani, ma per fortuna avversa. Ora che sono vinti, il Senato li accetti come confederati, perché non è consigliabile tentare più volte la fortuna con un popolo così forte e bellicoso”.
Gli ultimi Liguri a cadere sotto le armi di Roma, dopo ottanta anni di guerre, furono i Velleiati, gli abitatori della foresta del Monte Penna, durante la campagna condotta dal console M. Claudio Marcello nel 166 a.C. ricordata nei marmi capitolini dei Fasti Imperiali.
Da qui in poi, un silenzio più totale copre la Valle e ci manda fino alla seconda metà del primo millennio dopo Cristo.
Nel 718 risulta che Liutprando, re dei Longobardi, abbia donato al Monastero di S. Pietro in Ciel d’Oro di Pavia molte terre in Val d’Aveto fra le quali la zona di Alpepiana la quale comprendeva quei paesi che oggi sono identificabili in Vicomezzano e Vicosoprano.
Nel 962 l’Imperatore di Germania Ottone I riconfermava all’abate Norberto, tutte le donazioni avute dal re Liutprando comprese le terre Avetane.
Nel 1120, Papa Callisto II decretava che la corte di Alpepiana, dalla quale dipendevano ben dieci chiese dell’Appennino, pagasse ai monasteri di Villa Cella e Borzone le decime che per il passato erano state pagate a Pavia. Si può supporre con buona approssimazione che in questo stesso periodo si sia formato a S. Stefano d’ Aveto il primo nucleo abitativo vero e proprio. Divenuti i Malaspina signori di questa vallata, decisero di erigere un grandioso castello che, oltre a difesa, denotasse la potenza del loro casato.
Alcuni affermano che nel 1164 il castello esistesse già e che venisse donato insieme all’investitura ai Malaspina. Altri affermano che venne costruito intorno al 1200 ad investitura ottenuta.
Nel 1495 Gian Luigi Fieschi conte di Lavagna, “rileva” il Castello per 28.000 lire in moneta di Genova a Francesco Malaspina.
Nel 1513 l’imperatore Massimiliano, investiva Gerolamo Fieschi, figlio di Gian Luigi, di varie terre e castelli estendendo così il dominio in val Trebbia e in val di Taro.
Fallita nel 1547 la congiura contro la Repubblica, con la quale i Fieschi si ripromettevano di rompere quella sudditanza di Genova allo straniero che a loro parere era dovuta alla stretta amicizia tra Andrea Doria e l’Imperatore Carlo V, il governo genovese fece radere al suolo la residenza dei Fieschi in Carignano, confiscandone i beni e mettendo al bando tutta la famiglia.
Nel 1548 l’imperatore assegna ad Antonio Doria, figlio di Giannettino, il marchesato di S. Stefano d’Aveto con regolare investitura. Il potere totale è raggiunto grazie all’acquisto degli ultimi diritti esercitati dai Malaspina, nonché dei diritti minori esercitati dai nobili di Rezzoaglio e dai nobili Della Cella di Cabanne, in virtù di antiche concessioni.
Nel 1791 e nel 1796 avvengono due rivolte da parte degli abitanti di S. Stefano contro i Doria Pamphili.
La famiglia Doria rimase in possesso di questi feudi fino al secolo XVIII e nei paesi la storia si riduce ai consueti problemi sui beni frazionali goduti in comunione degli abitanti (comunaglie).
Nel 1797 la storia nel particolare della Valle ha termine perché i vari centri entrano a far parte della repubblica di Genova fino all’annessione di quest’ultima nel 1815 al regno di Sardegna.
Dal sito internet www.vicosoprano.com
(Articolo tratto dal N° 10 del 11/03/2004 del settimanale La Trebbia)
(La fotografia del castello Malaspina-Doria di Santo Stefano d’Aveto è di Marco Gallione)
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